Un problema piuttosto frequente per chi vive in un condominio è riuscire a capire quali spese possono definirsi ordinarie e quali invece vanno considerate come straordinarie.
Stabilire l’ordinarietà o meno di una manutenzione ha risvolti anzitutto sulla questione inerente il soggetto autorizzato a porre in essere detti lavori (amministratore autonomamente o assemblea condominiale). Nel caso in cui è l’assemblea ad esser titolare, poi, v’è da chiedersi con quali maggioranze si possa deliberare la lavorazione e quali sono i criteri di riparto della spesa.
Il concetto di condominio, per quanto abbia conosciuto diverse estrinsecazioni, fondamentalmente allude ad una proprietà condivisa da più persone denominate “condomini”, che altro non sono che i proprietari delle varie unità immobiliari di cui si compone l’edificio o gli edifici.
Questa proprietà, che riguarda le c.d. parti comuni di cui troviamo un elenco non esaustivo nell’art. 1117 c.c., implica inevitabilmente sia diritti che doveri, in quanto al normale godimento del bene comune è facile comprende che si affianchi inevitabilmente il dovere di mantenere il medesimo.
A tal proposito, bisogna distinguere tra una manutenzione di tipo ordinario ed una di tipo straordinario, laddove è ordinaria la manutenzione che dev’essere fatta periodicamente per garantire la conservazione del bene comune (es. classico la pulizia del giardino condominiale), mentre dev’essere classificato come straordinario ogni tipo di intervento che esula da tale concetto di periodicità, in quanto eccezionale o imprevisto (es. classico manutenzione di un tubo di conduttura rotto generante infiltrazioni).
Vale la pena specificare a tal proposito, che ulteriore criterio per definire una lavorazione di tipo straordinario è da individuare nella notevole entità della spesa connessa. In particolare, secondo orientamento consolidatosi nel tempo “L’individuazione di tale concetto deve ritenersi affidata alla valutazione discrezionale del giudice del merito, rispetto alla quale l’estremo della proporzionalità tra spesa e valore dell’edificio configura non un vincolo e limite della discrezionalità, bensì un eventuale elemento di giudizio, nel senso della possibilità per il giudice di tener conto, nei casi dubbi, oltre che dei dati di immediato rilievo, cioè dell’ammontare oggettivo della somma occorrente e del rapporto tra la stessa ed il costo delle comuni riparazioni straordinarie, anche dell’importanza economica dell’immobile, con la conseguenza della legittimità della maggiore incidenza riconosciuta all’uno piuttosto che all’altro degli elementi di giudizio e della sufficienza, ai fini dell’obbligo di motivazione, dell’indicazione delle risultanze reputate determinanti in ordine alla «notevole entità» o meno della spesa deliberata” (Cass. 15/1982. Recentemente Cass. Civ., Sentenza 26 novembre 2014, n. 25145).
Questa classificazione che appare in prima battuta estremamente facile da comprendere, incontra invece nella sua applicazione pratica diverse problematiche interpretative.
Anzitutto, per quanto concerne i lavori c.d. d’urgenza, che rientrano senza dubbio nell’ambito della straordinarietà, la competenza ricade in capo all’amministratore, ai sensi degli artt. 1129 e 1130 c.c., dato il suo dovere di vegliare sul mantenimento e sulla conservazione della “cosa comune”. Es. classico di tale intervento è quello volto a porre in sicurezza il cornicione pericolante, per il quale l’amministratore DEVE intervenire immediatamente, senza passare preliminarmente dall’assemblea, salvo successiva ratifica dell’operato, stante la pericolosità della situazione, pena la conseguente responsabilità anche di tipo penale per l’eventuale sinistro cagionatosi.
Laddove, invece, le lavorazioni in esame non rivestano tale carattere, ai sensi dell’art. 1135 c.c., co. 4 il potere di delibera delle manutenzioni straordinarie ricade sull’assemblea, così come anche quello inerente le manutenzioni ordinarie, seppur indirettamente mediante l’approvazione del bilancio preventivo in cui le medesime sono previste o direttamente con l’approvazione del preventivo di spesa relativo.
Il quorum costitutivo per l’approvazione delle manutenzioni di tipo ordinario è della maggioranza degli intervenuti rappresentanti i due terzi del valore dell’edificio in prima convocazione, e di un terzo dei condomini in seconda, mentre per quanto riguarda il quorum deliberativo è di 500 millesimi in prima convocazione, 334 millesimi in seconda.
Le maggioranze necessarie per deliberare un intervento di tipo straordinario, invece, sono decisamente più elevate. Per quanto concerne il quorum costitutivo, in prima convocazione la delibera implica la maggioranza degli intervenuti rappresentanti i due terzi del valore dell’edificio, mentre per quanto concerne il quorum deliberativo, si richiede sempre e comunque la maggioranza degli intervenuti rappresentanti almeno la metà del valore dell’edificio, ex art. 1136 co. 2 c.c. richiamato dal 1136 co. 4 c.c, a prescindere se siamo in prima o in seconda convocazione.
Discorso ben diverso concerne le innovazioni, le quali esulano dalla seguente trattazione. Ai soli fini di completezza, si specifica che l’innovazione non è diretta a mantenere efficiente il bene, ma mira a mutarne la destinazione o finalità.
Aldilà, poi, del soggetto autorizzato, le spese per la manutenzione devono essere ripartite secondo millesimi di proprietà, ai sensi dell’art. 1123 c.c., salvo diversa convenzione esistente nel condominio di riferimento, vale a dire normativa di regolamento contrattuale derogante alla predetta norma.
L’art. 1123 c.c., in particolare, introduce tre criteri di ripartizione delle spese derogabili, ovverosia il criterio generale della proprietà, secondo il quale la spesa è ripartita tra tutti i condomini in misura proporzionale al valore della sua proprietà (cd tabelle dei millesimi); 2. il secondo criterio, dell’uso differenziato, è stabilito dal comma 2 dello stesso articolo e fa riferimento al fatto che nel condominio possono esservi beni destinati a servire un condomino o un singolo gruppo di condomini in maniera differenziata rispetto ad altri; 3. infine, il criterio della proprietà separata secondo il quale la spesa è ripartita tra i condomini che traggono diretta utilità dal bene.
Per quanto concerne il primo criterio, è bene evidenziare che le tabelle dei millesimi hanno natura valutativa e non attributiva della proprietà, tant’è vero che non è raro trovare condomini sprovvisti di tabelle millesimali per i più disparati motivi. In tal caso è ovvio che qualsiasi criterio deliberato dai condomini potrà essere utilizzato, purché rispetti il principio della proporzionalità e non sia discriminante.
Andando avanti, per quanto concerne il co. 2° della norma succitata, con tale criterio si fa riferimento al concetto di godimento del bene comune da parte dei condomini, il quale può essere diverso a causa di oggettive caratteristiche del bene, specificando che con tale concetto si fa riferimento all’uso potenziale della cosa, non a quello effettivo che deriva da libere scelte dei singoli.
Il nostro codice, a tal proposito, utilizza tale criterio per stabilire, ad esempio, il criterio di riparto delle spese di manutenzione in materia di scale ed ascensori.
In particolare, l’art. 1124 c.c. stabilisce anzitutto che le relative spese siano a carico soltanto dei proprietari delle unità immobiliari servite da esse. Pertanto non tutti i condomini sono tenuti a contribuire alle spese di manutenzione relative a tali beni, siano esse di natura ordinaria o straordinaria, bensì soltanto coloro che ne hanno il godimento.
Inoltre, la suddetta norma non si limita a restringere l’alveo dei soggetti interessati, ma introduce anche un diverso criterio di spesa, stabilendo che questa è ripartita tra i predetti per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliare e per l’altra metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo.
L’art. 1125 c.c., invece, stabilisce il criterio di spesa nel caso in cui l’oggetto della manutenzione concerne i soffitti, le volte ed i solai, stabilendo che tale spesa è sostenuta in parti eguali dai proprietari dei due piano l’uno all’altro sovrastanti, laddove rimane a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento, mentre è a carico di quello del piano inferiore l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.
L’art. 1126 c.c., infine, detta criteri specifici per quanto concerne la manutenzione del lastrico solare, stabilendo in tal caso che laddove di tale lastrico vi sia un uso esclusivo, il titolare di tale diritto concorre alle spese nella misura di un terzo mentre il rimanente è a carico di tutti coloro che sono asserviti allo stesso, ovverosia che ne beneficiano come di copertura.
Laddove un bene comune, sempre per sue intrinseche caratteristiche oggettive non può neanche potenzialmente essere utilizzato da determinati condomini, al fine di ripartire le spese della relativa manutenzione soccorre il criterio di cui al co. 3°, in cui si specifica che in questi casi solo i condomini che possono beneficiare del relativo godimento concorrono al pagamento delle spese, sempre secondo millesimi di proprietà.