Quando (e come) è possibile distaccarsi dall’impianto autonomo di riscaldamento?

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Quando è possibile distaccarsi dall’impianto autonomo di riscaldamento? Il tema è stato affrontato decisamente più e più volte dalla dottrina e dalla giurisprudenza, ma nonostante ciò ancora paiono residuare dubbi.
Innanzitutto è bene ricordare che L’impianto di riscaldamento centralizzato è contemplato tra quelle opere e servizi che, ai sensi dell’art. 1117 c.c., si presumono comuni.
La presunzione di comproprietà, in particolare, riguarda quella parte dell’impianto di riscaldamento che rimane fuori dai singoli appartamenti e non anche le condutture che si addentrano negli appartamenti stessi che rientrano nella proprietà privata dei singoli condomini.
Inoltre, qualora nell’edificio condominiale vi siano locali non serviti dall’impianto di riscaldamento centralizzato, i condomini titolari soltanto della proprietà di tali locali non sono contitolari dell’impianto centralizzato, non essendo questo legato da una relazione di accessorietà materiale e funzionale all’uso o al servizio di quei beni.
Ne deriva che, venendo meno il presupposto per l’attribuzione della proprietà comune dell’impianto, viene meno anche l’obbligazione di contribuire alle spese per la conservazione dello stesso che grava sul condomino, a meno che diversamente disponga un regolamento di tipo contrattuale (Trib. Milano 19 novembre 2015, n. 13026; Cass. 6 luglio 1984, n. 3966).

Ma quando l’immobile è servito dall’impianto autonomo e ci si vuole distaccare, quali sono le condizioni per esercitare tale diritto?

La normativa da prendere in considerazione, anzitutto, è quella di cui all’art. 1118, comma quarto, c.c., così come riformato ad opera della legge n. 220/2012.
Il condomino può legittimamente rinunziare all’uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dell’impianto comune, senza necessità di autorizzazione o approvazione da parte degli altri condomini, se prova che, dalla sua rinunzia e dal distacco, non derivano né un aggravio di spese per coloro che continuano a fruire del riscaldamento centralizzato, né uno squilibrio termico dell’intero edificio, pregiudizievole per la regolare erogazione del servizio.
Soddisfatta tale condizione, egli è obbligato a pagare soltanto le spese di conservazione dell’impianto di riscaldamento centrale, mentre è esonerato dall’obbligo del pagamento delle spese per il suo uso (Cass. n. 15079/2006).
La norma fa riferimento a “notevoli” squilibri di funzionamento di tal che dovrebbero essere impediti solo quei distacchi tecnicamente irrazionali come rilevato da autorevole dottrina secondo cui «tale criterio consentirà all’autorità giudiziaria di disciplinare le singole fattispecie precludendo distacchi tecnicamente irrazionali e permettendo distacchi che siano osteggiati dagli altri condomini per ragioni futili ed emulative che potrebbero celarsi dietro trascurabili esigenze tecniche» (Gomitoni).
Sussistendo tali presupposti, il condomino può legittimamente distaccarsi senza dover preliminarmente avvisare l’amministratore o, a maggior ragione, attendere sul punto una delibera assembleare.
E’ chiaro, tuttavia, che nella concretezza dei casi il consiglio dello scrivente è di munirsi, a prescindere, di una perizia attestante la sussistenza dei requisiti di cui sopra. E’ difatti raro, per essere ottimisti, che non sorgano questioni sul punto.
Una volta contestata la legittimità del distacco, difatti, incomberà sul condomino l’onere della prova.
Nel caso di distacco il condomino rimane proprietario, pro quota, dell’impianto centrale e resta obbligato, a prescindere dall’uso, a concorrere nel pagamento delle spese di ricostruzione o di straordinaria manutenzione dell’impianto medesimo, restando escluso solo dalle spese di consumo.
Il condomino che procede al distacco non può essere chiamato a partecipare alle spese di consumo o di esercizio riguardanti un servizio di cui non usufruisce tuttavia tale esonero potrebbe non essere totale ovvero il rinunciatario potrebbe essere tenuto ad accollarsi gli eventuali maggiori oneri che gli altri condomini si vedono costretti a sopportare in conseguenza della diminuzione del numero dei contribuenti rimasti collegati all’impianto oppure una quota forfetaria determinata dall’assemblea quale compensazione del calore di cui l’unità immobiliare staccata comunque continua indirettamente a godere.
Nonostante la previsione normativa circoscriva un obbligo per il rinunciante di concorrere alle sole spese di manutenzione straordinaria e per la conservazione e messa a norma del bene comune si registrano comunque pronunce giurisprudenziali, successive alla legge di riforma del condominio, che hanno previsto l’obbligo per il condomino che rinuncia al riscaldamento centralizzato, distaccandosi dall’impianto comune, di pagare, anche dopo l’avvenuto distacco, oltre alle spese per la manutenzione straordinaria, anche quelle per la manutenzione ordinaria dell’impianto sull’assunto che nelle spese per la “conservazione dell’impianto” rientrerebbero anche quelle per la manutenzione ordinaria, poiché «se non viene mantenuto in via ordinaria, il bene è destinato a deteriorarsi» (Corte Appello Milano 31 luglio 2015, n. 3360).
Avv. Diego Di Bartolomeo.